Mauro Vitale PHOTOGRAPHY

"Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma quello che siamo” 
Fernando Pessoa

Questi scatti fotografici sono una sinossi di una vasta ricerca all’interno delle più svariate culture e ritraggono mutazioni più o meno evidenti, ”quadri” di piccole enclave all’apparenza dissonanti ma caratterizzate da un forte elemento di coesione: le persone sono espressioni di culture non ancora massificate, ognuna di loro esprime in modo profondo la conoscenza ed il mondo di cui è portatore. 

…I nomadi hanno un’esistenza costellata di eventi temporanei, si sottraggono alle incombenze del tempo vivendo in un presente dinamico che non necessita del passato; si astengono dal porre vincoli al futuro. Nelle loro migrazioni questi pastori rinunciano a modellare l’ambiente alle loro esigenze ma ne entrano in simbiosi, sfiorano appena i campi e, arroccati ai margini delle montagne, restano lì dove c’è un po’ di erba buona seguendo l’andare ritmico delle stagioni…

Il viaggio ed un unico centro d’interesse. Il centro è l’uomo, o meglio l’umano, sempre in primo piano in queste immagini, pur nella diversità di approccio, di sensibilità, di stile. L’uomo è l’elemento fondamentale, identitario, a cui si arriva quando lo scavo si fa più profondo e tocca strati che vanno oltre la superficie su cui materialmente si forma l’immagine, giungendo nello spazio di ciò che resta dello sguardo dopo lo sguardo. 

CUBA “a romance of utopia”

Non seguo uno stile ben definito, per non avere vincoli e per potermi eclissare: (il protagonista della scena è il soggetto), o almeno per lasciare nelle fotografie il minor numero possibile di tracce, conforme a un minimalismo senza narcisismi, senza giochi illusionistici, senza estetizzazioni esplicitamente perseguite. 

L’uomo avverte da sempre e per sua stessa natura la necessità di credere in qualcosa che vada oltre l’immediato e il contingente. L’idea di Dio e del sacro, pur non essendo neanche lontanamente equiparabile a tutto ciò che è visibile e esperibile dall’uomo, riguarda quest’ultimo sin dagli albori dell’umanità. Credere è bisogno fattosi domanda la cui risposta è la medesima a prescindere dalle diverse declinazioni storico-spaziali.

In alcune zone dell’Italia del sud così come in intere regioni della Romania, Ukraina, Bulgaria e Albania, comunità considerate arcaiche per il loro lascito trasmesso e per il loro legame con il territorio, esprimono un potenziale legato alla trasmissione dei saperi e a tutte quelle pratiche che nonostante una trasformazione economica sono riuscite a preservare. Antichi rituali, culti religiosi, musiche e balli tradizionali, creano una continuità con un mondo antico, un passato opportunamente selezionato che riscrive oggi l’epica di un luogo, raccontando le competenze, le strutture sociali e la vita di Popoli antichi.

La fotografia può essere letta in modalità differenti; corredarla di un testo, completarla è una sorta di forzatura, è come costringere chi osserva ad una lettura che può non appartenergli. Le interazioni con chi guarda la foto devono essere molteplici, del tutto personali e ognuna di esse sollecitata stimoli diversi. Il mio ruolo è quello di un medium che condivide esperienze cercando di condensare nello scatto la sintesi fra ciò che osservo e l’insieme di suoni, parole, profumi che hanno contribuito a costruire la suggestione; per far questo nella maggior parte dei casi è sufficiente registrare, scattare senza interpretare, altre volte per riprodurre l’esperienza diventa indispensabile decodificare e rimettere insieme operando una selezione. 

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